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La rinascita dell’Alcantara. Intervista con Domenico Galofaro

Tutto nasce da una telefonata: com’è andato l’evento? Sapevo che si era appena tenuta la presentazione del saggio Sinfonia Siciliana. L’Alcantara tra passato, presente e futuro. Tra un racconto e l’altro, l’idea di fare un’intervista. Da lì il passo è breve. Perché Domenico Galofaro è abituato a improvvisare, e lo sa fare bene. Biglietto aereo, aeroporto di Fiumicino e poi Roma, con un incontro nei pressi della stazione Termini, luogo di vecchie passeggiate e scambi culturali.

«La cultura ha un prezzo e ha bisogno di tempo e spazio» mi dice Domenico, dimagrito rispetto all’ultima volta che ci siamo incontrati. Si vede che ha dormito poco. «Servono passione e fatica. E io ci metto sempre il cuore».

Da qui parte l’intervista con Domenico Galofaro sulla valle dell’Alcantara e il suo saggio sul turismo lento prodotto con il contributo del Comune di Francavilla.

 

Come nasce il saggio?

 

Volevo staccarmi per un po’ da Augusta, la mia città, e vivere l’aria di un posto per certi versi più tranquillo: Francavilla era la scelta ideale. Ho approfittato della casa di mia nonna in disuso e ho vissuto lì per più di un anno. C’era in ballo anche un cortometraggio. La magia della valle dell’Alcantara l’ho scoperta durante l’adolescenza. L’incontro con un vecchio amico, Gianfranco D’Aprile, è stato determinante. Lui è un personaggio sui generis, una sorta di Clark Kent: fa il barbiere ma è anche assessore al Turismo, Sport e Beni Culturali al Comune di Francavilla. Un supereroe, oltre che un amico ventennale. Anche il sindaco di Francavilla, Vincenzo Pulizzi, è stato prezioso: senza di lui non saremmo qui a parlare di questo saggio.

Sai, è tempo di magra per noi laureati in materie culturali o umanistiche. Volevo rendere utile la mia laurea. È così che funziona: dobbiamo inventarci un modo per valorizzare i nostri titoli di studio e le nostre conoscenze. Questo saggio è stata l’occasione per coltivare ancora di più il mio amore per la cultura e per questa terra.

 

Il tema centrale del saggio è il cosiddetto slow tourism. Perché?

 

Lo slow tourism, ovvero il turismo lento, è anzitutto green. Oggi si parla tanto di ecologia e cambiamenti climatici, ma parlarne non basta: bisogna fare! Il saggio dedica un intero capitolo alle potenzialità del turismo lento. Parliamoci chiaro: in termini culturali, architettonici e paesaggistici, la Sicilia è invidiata dal mondo intero. Dobbiamo solo migliorarci nell’impiego delle risorse e nella capacità di prendere l’iniziativa. Siamo i più ricchi a livello di patrimonio UNESCO, ma siamo anche i più fragili. Per questo serve una scossa e lo slow tourism – che è il futuro di questo settore – può e deve essere l’occasione per cambiare rotta e per ingranare la marcia giusta.

 

Oltre al capitolo sul turismo lento, il saggio offre una “veduta” sulla Valle da fare invidia a certe descrizioni manzoniane del lago di Como. Perché questa scelta? Mi riferisco allo stile della prosa…

 

Lo stile è particolare, è vero. È quasi ottocentesco. È una prosa ricercata, soprattutto nella descrizione dei luoghi e della loro storia. Si parla di natura, di “moti emotivi” che scaturiscono dall’osservazione di ciò che la valle dell’Alcantara sa offrire ai turisti ma anche a noi siciliani. E quale miglior modo di “pubblicizzare” il territorio in chiave turistica se non attraverso una prosa emozionante? C’è da dire un’altra cosa: credo abbia influito anche il fatto che io nasco non come accademico, ma come romanziere. Ma volevo qualcosa di più. Tumultus (il romanzo di Domenico Galofaro pubblicato nel 2019, ndr) era un romanzo cosmopolita e giovanile, non adatto a tutte le mentalità. Il saggio è dedicato al territorio e alla gente siciliana.

 

Le istituzioni ti hanno aiutato nella produzione e nella diffusione dell’opera, giusto?

 

Assolutamente sì, a partire dal finanziamento messo in moto dal Comune di Francavilla.

Un altro partner importante è stato il Parco Fluviale dell’Alcantara. I prossimi step riguardano la scuola: voglio che i giovani siciliani conoscano le meraviglie che hanno in casa.

 

Il 16 ottobre c’è stato un evento proprio a Francavilla dove hai presentato questo originalissimo prodotto editoriale…

 

Un evento condito da piacevoli polemiche, tra l’altro. A volte mi capita di scontrarmi – sempre nel rispetto e col sorriso – col mondo accademico, un po’ retrò per i miei gusti. Mi sono divertito molto e ogni scambio d’opinioni è sempre un’occasione per analizzarsi. Io seguo un approccio nuovo: più divulgativo, sulla scia di Alberto Angela, un mito col quale la mia generazione è cresciuta.

È stato un evento ricco di spunti che mi ha portato a fare una considerazione: la Sicilia ha risposto positivamente e si è unita. Ai dibattiti accademici si sono aggiunti quelli non accademici. È stato un incontro tra “preti e senatori”, per citare due figure caratteristiche della nostra cultura italiana. L’iniziativa è stata apprezzata sia dai politici in carica che dall’opposizione. La location – Palazzo Cagnone, sede del Museo MAFRA – è una struttura innovativa che merita di essere conosciuta di più. Ne parlo anche nel saggio.

 

Tornerai a Francavilla?

 

Assolutamente sì. Ogni volta che vorrò respirare l’aria di una vita diversa, scandita da ritmi più umani e meno ossessivi, raggiungerò la valle e mi perderò fra le sue gurne – o “vulli”, lo specifico, tanto per citare una piacevole polemica nata durante la presentazione – e mi dedicherò alla vita bucolica francavillese, decisamente più nelle mie corde in questo periodo rispetto alla vita mondana. Ogni fase della vita ha le sue inclinazioni. E poi ho un nuovo progetto culturale che sta per sbocciare, ma di più non posso dire. Solo che ci sarà, ancora una volta, tanta cultura da raccontare. Io le chiamo “nuove produzioni culturali”.

 

Alla fine dell’intervista, Domenico ha gli occhi lucidi. È emozionato. Chissà cosa bolle in pentola. Ma soprattutto: i suoi occhi si saranno persi tra i marciapiedi affollati di Roma o tra i sentieri di salici e roverelle della Valle Alcantara?

 

Claudio Santoro

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